Rainbow "Rising" (1976-Polydor Records)
Se i Deep Purple possono essere considerate sicuramente come Hard Rock per quanto in ogni caso importantissimi come i Led Zeppelin e anche gli Uriah Heep per lo sviluppo futuro dell’Heavy Metal, con i Rainbow il discorso cambia grazie soprattutto all’incredibile voce simil operistica e potente ma sempre bluesy quando serve del compianto Ronnie James Dio, l’unico forse in grado ad aver saputo incidere ben tre album capolavori decisamente imprenscidibile per ogni amante delle sonorità Hard’n’Heavy e con tre bands diverse, ossia “Heaven and Hell” con i Black Sabbath, “Holy Diver” con i suoi Dio e questo epico “Rising” che sarà fondamentale soprattutto per lo sviluppo del cosiddetto Epic Metal a partire dalla mitologica e fantasmagorica cover art di Ken Kelly che sarà il copertinista per eccellenza dei paladini dell’Epic, ossia i Manowar. L’album è estremamente breve, solo 33 minuti decisamente intensi senza filler e con perfetto equilibrio tra numeri più Heavy Rock e altri decisamente proiettati verso quello che sarà appunto l’Epic Metal. Si può dire che i Rainbow siano stati per l’Epic ciò che sono stati i Black Sabbath per il Classic, la vera band originaria. La band era nata come una band solista di Ritchie Blackmore con l’intera band di Dio degli Elf a fare da backing band, buoni musicisti ma non straordinari che qui vengono rimpiazzati da grandi performers come l’incredibile e potentissimo Cozy Powell, il Martello di Thor o degli Dei come verrà soprannonimato per la sua potenza, il bassista Jimmy Bain che accompagnerà Ronnie anche nei Dio e l’ottimo Tony Carey alle tastiere. L’album è prodotto dal mago Martin Birch (Iron Maiden, Black Sabbath, Whitesnake, Blue Oyster Cult e mille altri)e come ogni sua produzione il sound risulta essenziale e mai ridodante, decisamente genuino e vero. Si parte con “Tarot Woman” che apre le danze con una suggestiva intro di solo tastiere di Carey divenendo poi un torrido epic blues a tratti anche jazzy e barocco che narra di una cartomante che predice il futuro del protagonista avvertendolo che una donna sarà la sua rovina, di guardarsi bene dal suo sorriso scintillante tutt’altro che sincero e dal suo bellissimo viso ingannatore. La band è in gran forma e brillano tutti, a parte forse Jimmy Bain più in ombra, con un Dio eccezionale cantastorie di sogni ma anche incubi. “Run with the Wolf” ha un gran riff e bellissime linee vocali con un gran ritornello epico e potente di un Dio ululante. “Starstruck” parla ancora di donne “pericolose” soprattutto quando ci si mette in mezzo la fama come una fan di Blackmore che lo seguiva ovunque in Europa e addirittura arrivò a casa propria dove si nascose tra i cespugli e il non particolarmente comprensivo e lunatico chitarrista liberò i suoi cani per farla scappare e non tornare più a infastidirlo. Il brano è un altro Heavy Rock bluesy e torrido, più leggero e ironico. “Do You Close your Eyes” è al limite del Melodic Metal con un grande Dio perfetto anche quando c’è da assumere le vesti di crooner o di un Paul Rodgers. Il lato B è decisamente quello davvero Epic con un due canzoni legate e ad ampio respiro come le celebri “Stargazer” e “A Light in the Black”. La prima è davvero la prima Epic Metal song di sempre grazie alla stratosferica prestazione di Ronnie Dio che narra di uno schiavo dell’Antico Egitto il cui padrone è un stregone che osserva il cielo ed è ossessionato dall’idea di poter volare e raggiungere le stelle sopravvalutando evidentemente le proprie arti magiche. Interviene nel finale anche l’Orchestra Filarmonica di Monaco a dare ancora più epos e pathos al brano di per sé già epicissimo e drammatico. Gli schiavi nel frattempo costruiscono una torre di pietra e lo stregone sale su e decide di buttarsi per potere spiccare il volo come Icaro e ovviamente precipita e fa una fine miserimma. Da qui comincia “A Light in the Black” legati alla Libertà conquistata dagli Schiavi in maniera così astuta, ma essendo stati sempre dipendenti dal loro padrone non sanno dove andare finché non intravedono una Luce nel Buio citata nel titolo, una Luce Mistica e chissà magari generata dallo Spirito del loro stesso tiranno. Musicalmente il brano è veloce e incalzante a differenza della più cadenzata e sognante “Stargazer” con una intro di terremotante e funambolica di Cozy Powell che ha fatto scuola e può essere anche considerata proto Epic Power Metal. Si chiude così un album decisamente fondamentale per il Metal e per l’Epic e anche il Power, fratello più “happy”(nella variante europea)del più mistico, descrittivo e oscuro Epic e che sarà accompagnato da un trionfale Tour poi racchiuso nel monumentale doppio “On Stage” e in un sequel sicuramente inferiore come “Long Live Rock’n’Roll” comunque valido e importante, ma il Sacro Graal dell’Epic oginario è tutto racchiuso in questi solchi.
Antonio Giorgio
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